Prima e ultima fatica di Paolo Prada Lacchini,
In Extremis viene pubblicato postumo, a un anno dalla scomparsa dell’autore.
Il memoir che si voleva senza epilogo, non ignorava di essere in qualche
modo destinato a interrompersi e da qui l’impellente urgenza di
mettersi a nudo, condividere, visto che perfino l’eventualità
di una sudden death, una fine imprevista e improvvisa, era nel conto delle
possibilità. Così la lettura, fin dal titolo, fin dall’esergo,
non si presta ad equivoci. Grandi protagonisti, come ad esorcizzare il
presente, gli anni giovanili (sono spesso “ragazzi” quelli
sulla scena), il romanzo di formazione nel quale il viaggio è una
tappa rilevante, la città più amata sempre più irriconoscibile,
l’occhio che guarda attento ai fatti del mondo e non potrebbe essere
altrimenti per chi ha scelto “una vita da spettatore”. Il
fluire dei ricordi in libertà nel fiume della nostalgia che concede
una pausa, un attimo di respiro. Incancellabili le pagine nelle quali
il miracolo della vita si confronta con il rovescio in ombra della medaglia.
Un faccia a faccia prolungato, quasi una sfida per decidere chi riuscirà
a sostenere lo sguardo più a lungo. Il brano nel quale, in poche
righe, siamo trasportati da un obitorio all’altro, per poi finire
in una cappella mortuaria, avanti e indietro nel tempo, in un crescendo
che diventa insostenibile anche per il lettore più distratto, è
esemplare. “La nostra cara amica è così pallida, porcellana
sopra la bianca lastra di marmo...”. Un battito di ciglia, un breve
istante che gli anni dovrebbero aver sedimentato e invece riaffiora con
immutata forza, indicibile, inspiegabile. Il dolore del dolore. “Si
hanno due vite. La seconda comincia il giorno in cui ci si rende conto
che non ne abbiamo che una”. È il Confucio più citato
perché accosta Oriente e Occidente, la sorte universale, la disarmante
impotenza che genera le riflessioni più profonde. In una società
che ha fatto spettacolo della malattia e della morte, l’intimo e
compassionevole colloquio con il proprio corpo e il suo destino che è
il cuore di In Extremis, offre lampi di ritrovata verità, nella
ostinata ricerca di una risposta alle “domande che illuminano i
momenti più bassi o più alti della nostra esistenza”.
Fino all’ultimo respiro. |