Molto vago è il mio ricordo di Cesare
Brandi e della sua serie televisiva ‘A tu per tu con l’arte’,
a metà degli anni settanta. Ma tempo dopo mi è capitato
di ritrovarlo nelle pagine dei suoi Viaggi e scritti letterari. Credo
che pochi altri rendano onore alla lingua italiana come lui, non a caso
senese. “Ecco proprio così, sedendo e mirando, dove, come
chi ha la fortuna di andare in Piazza Navona, o in Piazza del Campo a
Siena, può guardare queste opere antiche e vegete dell’uomo,
ricollegarsi ad esse, ascoltare l’arcano suono del tempo che sottofonda
il silenzio”. Sottofonda il silenzio. Da inguaribile esteta, mi
sento in qualche modo un privilegiato quando scopro che potremmo aver
condiviso la stessa fila a Teheran, in impaziente attesa di una porzione
di gelato alla rosa, l’impareggiabile Bastiani. I tempi coincidono,
mi pare proprio. “Oh, vero sapore della Persia nel bene e nel male.
Infatti il Bastiani è un gelato di latte cosparso di mandorle e
qui sta il bene, ma assai vischioso, e qui sta il male, e il male e il
bene insieme compare unito nell’odore di rosa. Vera rosa, non saponetta,
che con quel sapore di latte e i gradevoli frammenti di mandorle attenua
la vischiosità della pasta dolcissima: ma viva la faccia del Bastiani,
questa era Persia, ci si poteva giurare”. Sì, viaggiare era
ancora un piacere quando l’acqua era pulita e il sesso una cosa
sporca. Quando un caloroso: “Anche lei qui ad Urgup!”, diventava
un tormentone per chi lo aveva ascoltato dal vivo in Cappadocia. Oggi
per il giro del mondo in ottanta giorni potrebbero bastare meno di ventiquattro
ore. L’evoluta civiltà dell’iperturismo ha creato l’iperturista,
replicato in milioni di esemplari che, di selfie in selfie, si muove alla
febbrile conquista del pianeta, fingendo di ignorare quello che era palese
più di mezzo secolo fa. “Sottoprodotto della circolazione
delle merci, la circolazione umana considerata come un consumo, il turismo,
si riduce fondamentalmente alla facoltà di andare a vedere ciò
che è diventato banale. L’organizzazione economica della
frequentazione di luoghi diversi è già di per sé
stessa la garanzia della loro equivalenza. La stessa modernizzazione che
ha tolto il tempo dal viaggio, gli ha tolto anche la realtà dello
spazio”. |