Nel grande salone di Château Monbousquet
à Saint-Emilion, nel cuore della regione del Bordeaux, festeggiamo
con i vignaioli che ogni giorno ci hanno accompagnato sui pick-up fino
alle vigne, guidato nella raccolta, intrattenuto con aneddoti, storielle,
proverbi e canzonette irripetibili. Je ne suis pas curieux, je voudrais
bien savoir, pourquoi les... Fuori nella corte due famiglie gitane, instancabili
lavoratrici e lavoratori, assistono in silenzio. Il vino, la notte stellata,
la familiarità che si è creata, portano a una confessione.
Due dei vignaioli sono stati insieme a Parigi, a fine maggio. Dunque anche
i vignaioli si sono fatti quelle domande che illuminano i momenti più
bassi o più alti della nostra esistenza. Come in quei giorni registi,
musicisti, artisti in genere... Chi crea? Per chi? Lunedì 13 maggio,
dopo una giornata di sciopero generale, un corteo infinito e trasversale
riempie Parigi.“Un place pour chacun dans un monde nouveau”
sta scritto su uno dei manifesti che chiamano alla mobilitazione. Un posto
per ognuno in un mondo nuovo, messaggio di uguaglianza e insieme di utopia.
Sui muri di Parigi sono apparse scritte dove quasi si chiede di fermare
il tempo.“Chi non ha vissuto l’epoca prima della rivoluzione,
non sa cosa è la dolcezza di vivere”. Oppure “Ogni
secondo ha lo spessore di un’eternità”. E ancora “Già
dieci giorni di felicità”. Un documentario del regista João
Moreira Salles, fratello di Walter (Central do Brasil, I diari della motocicletta),
No intenso Agora, nato dal ritrovamento di film girati dalla madre durante
un viaggio in Cina al culmine della Rivoluzione Culturale, passa per il
maggio francese e la primavera di Praga, di sfuggita anche per Rio dopo
il colpo di stato militare, per arrivare al punto. Come possono le persone
che hanno preso parte a movimenti rivoluzionari che hanno lasciato un
segno nella loro vita (life-defining experiences) accettare di dimenticarli
o rinnegarli per tornare alla consueta vita quotidiana, alla pura sopravvivenza?
Come può ripartire l’operaia filmata davanti ai cancelli
della fabbrica, in giugno, alla fine dello sciopero, perduta ogni speranza,
mentre ripete ai giornalisti con la voce rotta da un pianto trattenuto:
“Non abbiamo guadagnato nulla, solo meno vacanze. Il voto è
stato truccato, io non voglio tornare là dentro”. In girum
imus nocte et consumimur igni è il palindromo che dà il
titolo all’ultimo film di Guy Debord, un’artista capace di
mettere da parte l’arte per abbracciare la critica radicale. In
girum imus nocte et consumimur igni è un film non film, l’azione
è di proposito ridotta al minimo, ma la voce che commenta disegna
forse il punto più alto dell’ultimo generoso tentativo di
détournement della storia che, iniziato in maggio, in maggio finirà.
“Ecco appunto l’essenziale: questo pubblico così perfettamente
privato di libertà, e che ha sopportato tutto, merita meno di ogni
altro di essere trattato con riguardo. I manipolatori della pubblicità,
con il cinismo tradizionale di chi sa che gli uomini sono pronti a giustificare
gli affronti di cui non si vendicano, gli annunciano oggi tranquillamente
che “quando si ama la vita, si va al cinema”: ma questa vita
e questo cinema sono egualmente poca cosa, ed è per questo che
sono effettivamente interscambiabili con indifferenza”.
Ho cercato a Parigi la sede dell’Internazionale Situazionista e
l’ho trovata in un edificio cadente, dietro l’insegna sbiadita
di un ristorante cinese: Aux mille merveilles. Quando sento, oggi sempre
più spesso dopo una sorta di censura durata decenni, i situazionisti,
le tesi de La società dello spettacolo o Guy Debord citati da personaggi
di successo dietro imponenti scivanie, (superfluo fare i nomi), critici
cinematografici up to date, opinionisti da talk show, sempre provo il
desiderio di sfoderare i miei CRS, temuto corpo di polizia con funzioni
antisommossa, particolarmente rude in quel mese di maggio. |