Gennaio 2021
   IN EXTREMIS    
 
APPENDICE

Compendio degli annali
della Comunità di Sant’E.

Seguiamolo questo ragazzo che sale, passo a passo, le scale di un anonimo palazzo in un quartiere di case popolari. Suona il campanello, la porta si socchiude. Si possono già immaginare le luci basse, la cerata sulla tavola, le pattine sul pavimento in piastrelle di graniglia, la Madonnina e il Bambin Gesù giusto al centro della testata del letto matrimoniale. E invece, conviene prima di tutto sfilarsi le scarpe. Uno accanto, uno sopra l’altro, di stanza in stanza, i tappeti artigianali di Isparta, portati a casa dopo lunghe contrattazioni, tracciano un ideale percorso. Non si potrà non notare, sui solidi scaffali in legno, l’interminabile teoria di vinili nella quale il catalogo della Deutsche Grammophon la fa da padrone. E libri a migliaia, tra i quali pezzi rari come i dieci pesanti volumi del Mahabharata in sanscrito, ordinati a Delhi e spediti via nave. Solo in due delle facoltà di lingue orientali, a Venezia e Napoli, si potevano sfogliare ai tempi. Un poderoso impianto hi-fi, costruito componente dopo componente, diffonde le note di una sinfonia, Bruckner molto probabilmente.
Chi sarà il misterioso padrone di casa?
Qualche anno prima, in una parrocchia milanese, era stata montata una specie di recita in occasione della Pasqua. Avrebbe dovuto divertire i giovani frequentatori dell’oratorio. Ma quasi nelle prime battute, appare la colomba dello Spirito Santo, sbrigativamente l’uccello e il doppio senso si insinua immediatamente nella mente degli ascoltatori. L’irriverenza non viene perdonata e il gruppo e il suo leader naturale allontanati dai locali della chiesa. La congrega non si scioglie, trova una sede in un vicino seminterrato, comincia un percorso incerto. Tra l’Espresso allora in versione tabloid scelto per certe sue posizioni anticlericali, ‘Lettera a una professoressa’ e il prete più scomodo del momento, acquistato il giorno stesso nel quale appare nelle librerie, la frequentazione saltuaria della chiesa Valdese... Le domeniche diventano un appuntamento fisso con l'ascolto di un brano di musica, l’intervento per condividere una lettura, un pensiero, il privilegio di vivere un’esperienza unica. Poi su due pulmini si raggiungono i luoghi dove dare testimonianza dell’impegno: calarsi nel sociale, si sarebbe sgradevolmente detto qualche anno più tardi. Le cose procedono tranquille fino a quando tutto, proprio tutto, viene letto con le lenti della fede, il “totalmente altro” di Karl Barth, la “speranza contro ogni speranza” di Paolo di Tarso diventano chiave di volta. Non tutti i membri sono all’altezza di questo salto (nel vuoto?) di qualità. Sensi di colpa, confessioni di inadeguatezza, tradimenti delle promesse, richieste di perdono surreali quasi in ginocchio. Il piano per il futuro prende forma: ore e ore a studiare insieme un dozzina e più di lingue antiche e moderne per poter proporre testi inediti di culture lontane, mettere in piedi una marginale, ma originale casa editrice. Il nucleo più giovane scalpita. Più si radicalizza la deriva settaria, più si scontra con il mondo reale, il fermento che cresce di giorno in giorno, fino ad arrivare all'appuntamento con il 1968. Come guardiani dell’ortodossia, una ristretta falange scelta controlla la situazione. Si infila perfino nelle scuole occupate, alla ricerca di eventuali simpatie femminili da scoraggiare. La quota rosa del gruppo, che ora si vive come una comunità, non raggiunge neppure il cinque per cento. Sta ai margini, si sente quasi un peso, fuori posto. Una di loro si farà trovare, anni dopo, mentre lava stoviglie in un covo delle Brigate Rosse. A diciotto anni è difficile leggere tra le righe. Il gruppo dei giovani si sfalda, uno ad uno lascia la comunità, tenendo duro anche se si prova a dissuaderli con qualcosa di molto simile alle minacce. Mentre si cerca di uscire dal parcheggio sotto casa, due macchine accostano davanti e dietro la vettura, impedendolo. Un giorno, l'ultimo dei fuoriusciti racconta di uno sgraziato tentativo di approccio, prima della partenza per uno dei lunghi viaggi in Oriente e nella fede: cristianesimo ortodosso, islamismo, zoroastrismo, induismo, sikhismo, buddismo... Le tessere del mosaico sembrano collocarsi come per incanto. Solo una ristretta cerchia
di eletti gode della conoscenza e dei privilegi, ai vertici della piramide. Ma non è forse troppo sbrigativo liquidare questa poliedrica costruzione come un teatrino di marionette, le figurine mosse con abilità, il paravento dietro il quale si nasconde una banale quotidianità? Il potere e il piacere di un autoerotismo per nulla solitario, i rituali di una piccola corte di sottomessi, convertiti anche nella loro sessualità. L’asciugamani di bucato, la polvere sotto i tappeti. “Ghe sont… Cecca?... el cadin”. Tempo dopo mi trovo a pochi passi dalla grande Volvo, l’ammiraglia. Riconosco chi è alla guida, vedo che si arresta davanti alle insegne di una banca. Dai sedili posteriori scende il guru, scortato da un altro degli adepti. Si muove impettito, la corazza caratteriale di Reich come uno scudo. Credo si tratti del semplice ritiro della pensione materna. Ma la tensione sembra precedere una rapina o un regolamento di conti tra bande rivali. Il cielo è livido, il buio a mezzogiorno, i maniacali deliri della comunità di Sant’E. lontani anni luce.

   

 

   
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