Sono di nuovo a casa. Non penso, non esisto.
Assisto. Sopra il divano, il sistema di mensole 606, disegnato da Dieter
Rams nel 1960, prodotto da lì in poi da Vitsoe, ribattezzato dai
milanesi la libreria di De Padova, status symbol per più generazioni.
Il sistema 606 si abbina spesso e molto volentieri alla Costanzina di
LucePlan, come le ostriche allo Chablis (affinità elettiva, visto
che il suolo ideale per lo Chablis è composto perlopiù da
fossili marini e i gusci d’ostrica ne rappresentano una porzione
rilevante). Dal divano, gli occhi istintivamente si posano sul tavolino
da caffè Trident, finito non si sa come in un outlet dalla breve
vita in un centro commerciale oltreconfine. Il tavolino porta la firma
di James Irvine, nato a Londra, morto a Milano molto prematuramente, dopo
collaborazioni con Olivetti, Thonet, Muji, B&B Italia, Artemide, Mercedes
per un iconico bus e tante altre. Sul piano del tavolino, una ex biscottiera
di Muuto ha scalzato un Alvar Aalto scheggiato nel ruolo di vaso per fiori
e a volte nasconde il minimale termometro d’ambiente Muji. La TV
Sharp posa su un fin troppo basico contenitore Ikea bianco, al quale i
fogli di betulla su cassetto e piano d’appoggio, in un contrasto
ispirato da Gio Ponti, hanno ridato dignità. Chiudono il quadro
una sedia a dondolo Jysk rifoderata e una cassettiera, attribuita a Molteni,
punto d’appoggio di modem e telefono fisso cordless Swissvoice.
Merita una citazione il tavolo consolle giallo Ycami anni ottanta con
gambe in acciaio e piano bordato in legno al naturale che condivide la
sala pranzo con un buffet tradizionale a vetrinette, recuperato e restaurato
al momento della ristrutturazione della casa in pietra, datata 1780. Non
è finita qui, ma basta e avanza, se non si vuole correre il rischio
di essere presi alla lettera, oggi che l’estetizzazione della vita
quotidiana è un must. Ricordo il titolo di un saggio di fine novecento,
variazione sul tema del disagio della società postmoderna. Essere
o apparire. Sein oder Design, nell’originale tedesco. |