Dall’oblò solo leggermente offuscato
dalla salsedine, la costa, le falesie, le calette, i villaggi, i porticcioli
scorrono veloci sotto il cielo celeste. Fila dritto l’aliscafo con
il suo propulsore a idrogeno di quinta generazione. Il tragitto è
lo stesso, ma sono passati trent’anni. Greta ha avuto un figlio
alla stessa età nella quale la madre l’ha partorita. La mela
non cade mai lontana dall’albero, dicono. Si immagina tutti almeno
una volta di avere un giorno un nipote. Non si immagina che si proverà
la stessa infinita gioia di quando nasce un figlio.
Oggi compie due anni. Si avvicina più volte a una scaletta a bordo,
intuisce il pericolo, si volta. Con gli occhi lo invito a fermarsi, ma
lui guarda in alto e sorride come per chiedere il permesso di salire almeno
sul primo gradino. Una signora anziana che assiste alla scena dalla sua
poltroncina si gira verso di me, il suo sguardo è di rimprovero.
In fondo non ha torto, sono anch’io troppo vecchio e stanco e malato
per alzarmi di scatto, intervenire per tempo, allontanarlo dal pericolo.
Non so tra quanto sbarcheremo, quante cose saranno cambiate sull’isola,
ma ritroveremo lo stesso ristorante. L’antipasto di mare, il calice
di malvasia, l’orata e il suo contorno. Lui può mangiare
ormai quasi tutto, ma avrà il suo menu speciale, anche se si sporge
curioso verso ogni portata. Siamo ai tavoli sul lato in ombra della piazzetta,
instabili sulle giganti lastre in pietra. Vedo il mare, le bianche vele
liete di santificare la festa. Chiudo gli occhi. E non è vero niente. |