Perso nel bel mezzo del Quartiere Latino, ora di pranzo. Ai
tavoli di un ristorante tunisino, dopo qualche esitazione. Teste
di agnello nei piatti, poca carne da spolpare, inquietanti le
orbite vuote. L’arrosto speziato è più abbordabile,
il turista si riconosce al primo sguardo. L’apparenza
inganna. Lui ora è immerso negli odori, nei colori, nel
brulichio di un mercato all’aperto, fuori Ankara, le polpette
di kebab strappate allo spiedino, avvolte roventi nelle pagine
di un quotidiano sportivo. Stringono il cuore i quotidiani sportivi.
Caratteri di scatola, immagini sparate, articoli elementari,
letti con passione su autobus, su treni di pendolari, sfogliati
in bar periferici, passati di mano in mano, ripiegati con cura
o accartocciati, abbandonati in un cestino a una fermata della
metropolitana, fuori dai cancelli di una fabbrica. Oppio del
popolo.
Due ore dopo, a zonzo nell’Île de la Cité.
"Se l'Île de la Cité è la testa, il
cuore e la spina dorsale di Parigi, Place Dauphine ne rappresenta
il sesso". Breton pensava alla sua forma triangolare, alla
dolce intimità che regala alle coppie. La solitudine
qui è insopportabile. A maggior ragione, sarà
opportuno tenersi lontano dai giardini del Vert Galant, dove
si danno i migliori baci di Francia. Come fosse prua di una
nave, la punta dell’isola invita a prendere il largo.
Le Borromee, sospese nell’azzurro e nel silenzio. Già
dall’imbarcadero, la guida magnifica i lussuriosi giardini.
Gazebo ai lati dei viali invitano alla contemplazione o al ripasso
dei nomi comuni e scientifici della flora primaverile. Con istintiva
prontezza, immortalare il pavone mentre spalanca la ruota, subito
richiusa per punire la scarsa attenzione fin qui ricevuta dagli
iniziati della botanica.
Su una scomoda panchina, a decidere il da farsi. La bella passante
forse è incuriosita da quella giacca impermeabile d’epoca,
pescata già scolorita in un negozio dell’usato.
Deve essere sicuramente un ragazzo inglese a indossarla per
non essere sorpreso da piogge impreviste. Oggi il sole splenderà
caldo sull’Île de la Citè e l’intera
Francia.
Lido. Venezia. Il traghetto scarica un autobus. I rari passeggeri
preferiscono procedere a piedi. Il largo sentiero che porta
al borgo è bordato di campi di papaveri. Dalla terrazza
del ristorante, la laguna da un lato e il mare dall’altro,
si possono quasi abbracciare con un solo colpo d'occhio. Lui
e lei qui insieme nella stagione migliore. I morbidi preziosi
granchietti disposti in grandi bacinelle. Lui e lei qui insieme
nella prima stagione del loro amore. C’è già
una fotografia che li ritrae in un villaggio del Peloponneso,
all’ombra di un fico. Quella che le ha scattato, ferma
uno sguardo diretto, quasi spudorato. Sono tua, ma dovrai guadagnartelo
con il sudore della fronte. Passeggiano dopopranzo a due passi
dal ristorante, per nulla sazi. Lungo i Murazzi, piccole bisce
spuntano dalle pietre. Le accarezzano a turno, mentre nella
loro mente si insinua il serpente tentatore. Adamo ed Eva pregustano
il peccato che stanno per commettere in un trasognato primo
pomeriggio, nell’unico albergo dell’isola, in una
camera torrida e senza bagno. Sebbene il novanta per cento del
genere femminile binario scelga la sottomissione, lo sparuto
dieci per cento si avventura in una posizione dominante, la
conquista, la detiene. Le doppie tende sono distese con cura
e neppure il sole potrà intromettersi, illuminare la
risoluta, instancabile cavalcata sull’osso pubico dell'uomo
della sua vita.